2-3 hours walk // 3 min read // 3 min pic view
Così scriveva Tiziano Terzani a proposito dell’India in Un altro giro di giostra. Là dove si è diversi che altrove. Si provano altre emozioni, si pensano altri pensieri. Così ci si sente quassù, distesi in un prato del sentiero 2, luogo prediletto dove riportare l’essenziale alla vita, e dal suo crinale, avvolgendo il mondo in un solo sguardo, farsi consolare dal sole, dal vento.
Sant’Eufemia centro. Su Via 28 Marzo 1849 si sfila dal paese la scalinata da dove prende quota Via del Triinale; tra un paio d’ore e poco più saremo in cima.
Gradino dopo gradino, ecco una prospettiva diversa di Sant’Eufemia: raggiungiamo un grappolo di case incastrate una sopra l’altra, affacciate al sole, sdraiate sopra il loro scoglio, finchè certi ruderi, comparsi sulla sinistra, segnalano di seguire il sentiero da questo lato, e così, su due piedi, il mondo diventa selvaggio e prendiamo velocemente quota. Si sale protetti dalla vegetazione termofila, Scotani e Roverelle in prima linea, sotto i passi scorrono delle belle rocce calcaree. Il cammino inizia a favorire scorci fantastici sulla pianura e sul Monte Mascheda: il Triinale ha già inaugurato la sua accoglienza. Molti metri più avanti, ormai fuori dalla boscaglia, una strepitosa roverella, al confine tra bosco e prati del crinale, è custode di un crocevia di opportunità: a sinistra consiglia la Pozza Valle Landa, oltre la quale transita il sentiero 3 (questa piccola pozza isolata è una delle più belle del monte); a destra suggerisce la forra carsica della Val Carobbio e le sue grotte. Dritti in verticale, verso il cielo lucente, invita a proseguire lungo il sentiero 2 in un ambiente sempre più termofilo. Dai prati sbocciano manciate di farfalle, pullulano cascate d’api dai fiori saturi di polline, e zampilli di minuscole cavallette guizzano dalle pietre calde. Una folla di microscopici anarchici volanti che caldeggiano la terra e celebrano le erbe officinali. Piccole fortissime anime che incoraggiano ad elevarsi di quota, verso l’ometto in pietra che, con l’indulgenza di un lontano parente, attende il saluto del viandante sull’uscio del suo crinale. Ma lui, invece di un caffè, offre di meglio: guarda che orizzonte! Vedi che cielo, senti che aria! E qui con lui, soltanto quassù, siamo nel mondo ma non parte del mondo. E si sta una meraviglia. Alla sinistra della mite scultura, si affaccia il sentiero 12. Ma siamo attesi più in alto, dal secondo ometto in pietra, quello più vivace, quello che, ad ogni crepuscolo, agita la bandiera italiana verso la corte del cielo. Dopo di lui, tutto si calma, anche la salita che ora si attenua affinchè il cuore si concentri a registrare il sapore dei doni appena ricevuti. In questo stato di grazia, ci incamminiamo verso il declivio nei pressi di Cascina Buren (decollo Buren), a 670 mt, dal quale gli amanti del parapendio spiccano il volo.
Sulla sinistra sorpassiamo il sentiero 4 e filiamo dritti, lungo una traiettoria pianeggiante dove, poco dopo la madonnina delle nevi, esiliata sulle rocce a sinistra del sentiero, si proietta l’ombra del bosco: in questo repentino impianto di fronde, incontriamo la pozza Zezia con la sua palpitante costellazione di libellule. Farnia, Castagno, Carpino bianco, Acero campestre, Betulla, la Felce ed il Mirtillo sono le creature del “sentèr dei caài”, un lungo tratto boschivo tempestato da massi maestosi. Sorpassiamo anche la splendida radura della pozza Darnei, punto d’incontro del sentiero 1 e del sentiero 14 ma i segnavia ci separano presto da entrambi e ci fanno incrociare il sentiero 13 al cospetto della Pozza del Fontanù. Percorriamo gli ultimi metri dentro una galleria di betulle e poi, rapidamente, saltiamo in sella al dosso erboso della Chiesa di Maria Maddalena. E ci lasciamo andare, distesi sulle ginocchia della Madre Terra.
*Quote: Tiziano Terzani "Un altro giro di giostra"